sabato 17 novembre 2012

Una giornata da dimenticare.

Autogestione, giorno 3. 
Un Sabato da dimenticare. Mi sento la persona più sola sulla faccia della Terra. Non vedo Luca da dieci giorni e la sua assenza inizia a farsi sentire, mi manca la mia medicina contro la tristezza. Non so perché ma so che se lui fosse qui ora starei meglio. Oggi in autobus, tornando a casa, ho seriamente pensato di scappare, di andarmene vi anche solo per un'ora, di prendere un autobus a caso e perdermi nella bellezza di Roma. Perché no, a casa non volevo tornare. Non volevo tornare nel tempio della finzione che è diventata casa mia. O forse lo è sempre stato e non me ne sono mai accorta. A casa mia la finzione è quotidiana. Tutti fingiamo che vada tutto bene, parlare dei propri problemi porta solo ad essere ignorati. Potrei essere in piena crisi di pianto e tutti continuerebbero a chiedermi come va la scuola o se ci sono manifestazioni previste per la legge Aprea. Dei problemi sociali o che comunque riguardano la collettività parliamo spesso, ma i problemi personali sono un tabù. Ed è per questo che volevo scappare. Per non dover fingere che vada tutto bene anche se mi sento come se mi fosse passato sopra un treno. E quel maledetto "non disponibile a chattare" su Facebook fa così male. Oggi una ragazza mi ha detto che quando sta con me non riesce ad essere triste. Da un po' noto che le persone amano raccontarmi ogni dettaglio infinitesimale della loro vita e chiedermi consigli su tutto, anche se le conosco da dieci minuti, mentre io riesco a sfogarmi solo sul blog. Strano come sembra che io possa aiutare tutti tranne me stessa.

lunedì 5 novembre 2012

LUCA.

Luca lo conosco da quando sono nata, e non lo vedevo forse da altrettanto tempo. Luca è quello con la faccia da bambino che riusciva sempre a farmi ridere quando ero triste. Luca l'ho perso di vista tre anni fa, poi l'ho incontrato di nuovo. Per caso, sull'autobus. Adesso è diventato bellissimo, ma è sempre il ragazzo dolce che conoscevo. Ora Luca è quello che quando piove mi accompagna a casa. E quando saliamo le scale completamente zuppi insiste per asciugarmi i capelli perché da sola dice che non lo so fare. Luca è quello che  mi strappa un sorriso anche quando avrei voglia solamente di lasciare che il mondo mi travolga, quando sono stanca, disillusa, ho voglia di piangere, lui c'è. Dico che sto bene da sola, ma poi a casa mia arriva questo matto con un gelato gigante e tanto cibo e allora i problemi sono semplici da chiudere fuori dalla porta della mia stanza. Poi tornano, appena Luca va via mi investono di nuovo, ma fanno meno male. Lui è la mia medicina. Sono stanca di chi mi prende e mi usa senza guardarmi in faccia, e lui c'è. Luca me lo ricordo bambino, quello che il primo giorno d'asilo è venuto a giocare con me pur non conoscendomi. E poi me lo ricordo su quell'autobus, quando mi ha salutato e abbracciato e abbiamo riso insieme. Mi ricordo quando mi ha detto che gli ero mancata. Io non ne ho sentito la mancanza finché non è tornato così, per caso, finché non ho capito che con lui avrei riso di più e pianto molto meno. Ed è strano ma ora non ne potrei fare a meno, ogni volta che vibra il cellulare dentro di me spero sia lui, mi sono scoperta a cercarlo nei sogni, sono sul punto di chiamarlo tutte le sere. Sono innamorata di lui e forse lo amo. Non so se voglio solo possederlo, se infondo non mi importa come sta, se è felice, forse è solo un'ossessione biochimica, di quelle che poi passano. Oppure lo amo. Forse mi importa davvero di lui, è già la mia medicina, sta diventando la mia droga.